mercoledì 26 gennaio 2011

Biodiversità, la linfa vitale della Terra


Oggi vorrei iniziare il post con alcune date: 440 milioni di anni fà: estinzione del 25% delle forme di vita presenti nei mari a quell'epoca; 370 milioni di anni fà (nel Devoniano) grave crisi dei non vertebrati e dei pesci primitivi; 250 milioni di anni fà (fine Permiano) abbiamo l'estinzione di massa più catastrofica con la scomparsa del 50% delle famiglie animali tra cui tutte le trilobiti; 210 milioni di anni fà (nel Triassico) scomparvero molti rettili e invertebrati e circa 65 milioni di anni fà (fine Cretaceo) è avvenuta la quinta estinzione di massa, caratterizzata dalla scomparsa dei dinosauri. Queste che ho citato sono le grandi estinzioni di massa che sono avvenute nel passato della storia del nostro pianeta e su di esse bisogna ricordare alcune cose, per esempio il fatto che hanno tutte avuto una causa naturale (grandi fenomeni geologici o cambiamenti climatici importanti) e che questi processi si sono sviluppati nell'arco di migliaia e persino milioni di anni. Perchè ho voluto ricordare tutto questo? Per il semplice fatto che noi attualmente stiamo vivendo la sesta estinzione di massa, la quale è dovuta all'espansione della nicchia ecologica della specie umana che di fatto comprime quella delle altre specie viventi (minacciandole così di scomparire). Inoltre questa si stà consumando velocemente, a differenza delle precedenti, lasciando un vuoto che difficilmente potrà essere colmato anche in milioni di anni. Si ritiene quindi, che il tasso di estinzione attuale delle specie non sia naturale, ma sia di almeno mille volte superiore a causa del pesante intervento della specie umana (Primack, 2001). Quali sono quindi le principali minacce per la biodiversità? Queste sono ben illustrate dalla IUCN e possono essere riassunte in quanto segue: degrado/perdita di habitat, che colpisce l'86% di tutti gli uccelli in pericolo, l'86% dei mammiferi valutati minacciati e l'88% degli anfibi a rischio estinzione; l'introduzione di specie esotiche (alloctone) invasive; l'eccessivo sfruttamento delle risorse naturali; inquinamento e malattie; cambiamenti climatici indotti dall'uomo, che stà alterando i modelli migratori delle specie ed è responsabile dello sbiancamento dei coralli (ricordo che il 70% delle barriere coralline sono minacciate o distrutte). L'Italia sappiamo essere la nazione più ricca di specie in Europa, grazie alla varietà di ambienti e climi che ospita, pertanto credo debba avere e assumersi grandi responsabilità nella conservazione della natura. Guardando però i dati anche in questo caso della World Conservation Union e del suo ultimo rapporto sul nostro paese i numeri che riguardano le nostre specie minacciate sono allarmanti! Ben 236 sono classificate nelle categorie delle specie a rischio. Di queste 4 sono vegetali e 232 animali. Tra le specie a maggior rischio in Italia e che quindi necessitano di maggior cura e attenzione vale la pena ricordare: l'Orso Bruno (Ursus arctos) con le due sottospecie alpina e appenninica, la lontra (Lutra lutra) , il lupo (Canis lupus)  stimato in circa 500 esemplari lungo la catena appenninica, il grifone (Gyps fulvus) , il gambero di fiume (Austropotamobius pallipes) e specie vegetali come l'abete di Nebrodi (Abies nebrodensis). Verrebbe quindi da chiedersi, ma perchè è importante tutelare la biodiversità? Al di là di un discorso puramente biologico/naturalistico, è giusto e importante ricordare come ogni organismo vivente svolge un ruolo fondamentale per la "salute" del nostro Pianeta. La natura ci fornisce gratuitamente dei servizi e possiamo allora pensare ad alcune piante e batteri che ci aiutano a tenere pulito l'ambiente attraverso la loro capacità di degradare i nostri rifiuti e riciclarne i nutrienti. I grandi predatori (come leoni, tigri, lupi, orsi, ecc..) contribuiscono in modo determinante a mantenere bilanciata la catena alimentare e sane le popolazioni predate. I lombrichi invece sono importantissimi per il terreno, grazie alla loro attività favoriscono la decomposizione della sostanza organica e scavano gallerie in grado di consentire all'aria e all'acqua di scendere in profondità. Pensiamo agli insetti impollinatori come le api,che consentono alle piante di fiorire, riprodursi e generare frutti; oppure guardiamo il processo di autodepurazione fluviale reso possibile dalla vegetazione presente lungo le rive (funzione di filtro e assorbimento degli inquinanti) e da macroinvertebrati, pesci e batteri che vivono nel corso idrico. Questa sesta estinzione di massa a cui stiamo andando incontro è determinata dall'uomo e dalle sue attività, per questo siamo noi che dobbiamo prenderci la responsabilità di tutelare e conservare le specie minacciate, attraverso programmi e investimenti finalizzati a ridurre il degrado degli habitat e tutti i fattori citati prima che provocano questa riduzione di biodiversità, cercando anche di sensibilizzare il più possibile le persone su questo tema.

giovedì 20 gennaio 2011

Green Economy


Nel post precedente ho parlato del progetto FORESTE 2011 e della conseguente necessità a livello globale di tutelare e promuovere il prezioso patrimonio vegetale mondiale attraverso una gestione sostenibile di tale risorsa. Bene, in una visione d'insieme più ampia che coinvolge tutte le risorse (non solo quelle forestali) intorno alla fine degli anni'80 venne teorizzato il concetto di sviluppo sostenibile, cioè cercare di rendere le produzioni più compatibili con l'ambiente circostante. Ora, negli ultimi anni stà prendendo piede la cosiddetta Green Economy che secondo me rappresenta il superamento del semplice sviluppo sostenibile. Questa possiamo definirla come quella forma di economia in cui la crescita del reddito e dell'occupazione è guidata da investimenti pubblici e privati che riducono le emissioni di carbonio e l'inquinamento, che migliora l'efficienza energetica e lo sfruttamento delle risorse e che consente di evitare la perdita di biodiversità e dei servizi ecosistemici. Ma è possibile portare avanti uno sviluppo di questo tipo? Io credo proprio di sì, è una questione di sensibilizzare chi governa su questi temi. Voglio citare a sostegno di tutto ciò un paio di esempi riportati dall'UNEP (United Nations Environment Programme) che mostrano come una giusta integrazione uomo-ambiente sia possibile e non sia una semplice utopia come invece troppo spesso siamo abituati a sentirci dire. La prima storia viene dalla Cina dove il governo cinese si è impegnato a produrre il 16% della sua energia da fonti rinnovabili (obiettivo non da poco per un paese che solo di recente ha deciso di investire in questo settore!), e nello specifico nel campo dell'energia eolica ha manifestato l'intenzione di aumentare il suo precedente obiettivo di 30 GW di capacità installata entro il 2020 a 100 GW, mentre nel solare è attualmente il più grande produttore al mondo, producendo il 45% del solare fotovoltaico globale del 2009. Questa svolta energetica della Cina ha creato anche molti posti di lavoro: 600.000 nel solare termico, 55.000 nel solare fotovoltaico e 22.200 nell'eolico per citarne alcuni. Un'altra storia che vale la pena ricordare è quella della Pianificazione Urbana Sostenibile realizzata in Brasile, nello specifico in una città: Curitiba. Questa è la capitale dello stato del Paranà ed è stata in grado di crescere da 361.000 abitanti (nel 1960) a 1.828.000 senza subire gli inconvenienti tipici della congestione, dell'inquinamento e dello spazio pubblico. Ciò è stato possibile attraverso varie azioni, come per esempio la riduzione delle emissioni di CO2 mediante strategie mirate e coordinate nei trasporti e nelle costruzioni. Curitiba ha il più alto tasso di utilizzo dei trasporti pubblici in Brasile (45% dei viaggi) e uno dei tassi più bassi del Brasile di inquinamento atmosferico urbano. Il controllo delle inondazioni a cui è soggetta la città è stato affrontato attraverso la creazione di laghi artificiali per contenere le acque alluvionali, tale soluzione ha avuto costi che è stato stimato essere 5 volte inferiore rispetto alla costruzione di canali in cemento.Un'altra azione importante è stata poi la creazione del CIC (Curitiba Industrial City) sul lato Ovest della città tenendo in considerazione la direzione del vento per evitare di inquinare il centro della città. Questo polo industriale inoltre ha norme ambientali molto severe alle quale le industrie al suo interno devono sottostare (attualmente ospita più di 700 aziende e ha già creato più di 50000 posti di lavoro diretti e 150000 indiretti!). Ci sarebbero altri esempi, altre storie, anche solo di semplici aziende che hanno deciso di puntare in un contesto come questo della Green Economy (penso per esempio al gruppo Marcegaglia, il quale investe nella ricerca di pannelli fotovoltaici che non usano il prezioso silicio), ma sui quali non voglio dilungarmi oltre. La mia speranza è che questo sia il futuro, il non ritenere quindi che la ricerca di un giusto equilibrio tra uomo e ambiente debba essere visto solo come un limite, ma piuttosto  come una nuova e più sana forma di sviluppo dove il "Green" possa finalmente essere considerato un valore su cui puntare.

lunedì 10 gennaio 2011

Foreste 2011


Siamo entrati nel 2011 e vorrei quindi dedicare il primo post dell'anno a quello che è stato dichiarato dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite "Anno Internazionale delle Foreste" per la gestione, conservazione e sviluppo sostenibile dell'ecosistema forestale. A riguardo ho trovato molto interessanti oltre che pienamente condivisibile l'opinione di Julia Marton-Lefèvre, direttore generale della IUCN (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura), la quale afferma:"L'aria che respiriamo, il cibo, l'acqua e le medicine di cui abbiamo bisogno per sopravvivere, la varietà della vita sulla Terra, il clima che modella il nostro presente e futuro, tutti dipendono dalle foreste. Il 2011 deve essere l'anno in cui il mondo riconosce l'importanza fondamentale dei boschi per la vita sulla Terra, per tutte le persone e per la biodiversità". Ma qual è lo stato attuale delle nostre foreste? Ecco, un recente rapporto della FAO mostra come negli anni '90 sparivano circa 16 milioni di ettari ogni anno, mentre dal 2000 ad oggi questo dato è sceso a 13 milioni. E' chiaro che nonostante il leggero miglioramento la situazione rimane preoccupante, sopratutto se pensiamo che dall'inizio del ventesimo secolo ad oggi è stato perduto oltre il 50% dell'estensione originale delle foreste pluviali. Danneggiare, distruggere le foreste vuol dire fare del male anche a noi stessi, in quanto sappiamo bene che con la fotosintesi le piante verdi immagazzinano l'anidride carbonica (principale gas serra) per produrre molecole organiche e come sottoprodotto rilasciano nell'atmosfera ossigeno (fondamentale per noi). Spesso poi ci dimentichiamo come non esistiamo solo noi, ma vi sono tantissime altre specie che come noi abitano la Terra e per molte di loro le foreste costituiscono l'habitat, l'ambiente cioè in cui vengono forniti degli elementi chiave per la sopravvivenza di una specie: acqua, nutrimento e riparo. Questo risulta ancora più evidente se guardiamo le statistiche che accompagnano gli studi svolti sulle foreste pluviali, i quali mostrano come nonostante ricoprano solo il 6% della superficie terrestre, esse ospitano circa il 50% della flora e della fauna del pianeta. Cosa succede se eliminiamo le foreste? Il livello freatico si abbassa, i territori che prima erano protetti dai boschi diventano più soggetti alla siccità, le frane e inondazioni distruggono strade, case e colture. La deforestazione poi accelera il processo del cambiamento climatico, in quanto viene ridotto il processo di assorbimento dell'anidride carbonica che avviene con la fotosintesi: è stato calcolato che a livello globale, nel periodo 2000-2010 lo stock di carbonio contenuto nella biomassa delle foreste si sia ridotto di 500 milioni di tonnellate. A questo grande impegno di gestione e sviluppo sostenibile delle foreste sono chiamati i governi, ma anche noi nel nostro quotidiano possiamo fare qualcosa. La quantità di carta che consumiamo ogni giorno è tantissima e supera di gran lunga le nostre effettive esigenze, perciò una pratica importante è quella del riciclo, abituandoci per esempio a riutilizzare i fogli stampati solo da un lato. Dall'altra parte possiamo acquistare tantissimi prodotti fatti con carta riciclata; dai quaderni e libri fino ai tovaglioli e fazzoletti. Anche nella scelta dell'arredamento si possono utilizzare dei criteri ecologici, per esempio acquistando prodotti realizzati con materiale di riciclo, per la cui realizzazione non è stato abbattuto neanche un albero. I mobili ecologici sono fatti di legno riciclato al 100% secondo un procedimento di qualità certificata. Ricordiamoci che a distruggere un albero ci bastano pochi secondi, mentre ne servono decine di anni per farlo crescere.