giovedì 18 agosto 2016

Una vita movimentata - An active life (part 2)


Un'altra migrazione che ho sempre considerato estremamente affascinante è quella della farfalla monarca (Danao plexippus). Si tratta di una migrazione di massa che ogni autunno porta milioni di questi straordinari animali a intraprendere un viaggio lungo 4.000 km per spostarsi dalle regioni del Nord America fino in California e in Messico. E' un viaggio che ha uno scopo ben preciso: restare in vita. Devono mettersi in volo ogni autunno prima che arrivi il freddo, che può ucciderli se indugiano troppo. Questi insetti quando giungono a destinazione si riuniscono in gruppi di decine di migliaia di individui e si attaccano ai rami e ai tronchi degli alberi. Secondo uno studio della University of Massachusetts, pubblicata su Current Biology, proprio questo raggruppamento fitto, insieme alla copertura offerta dalla foresta, riuscirebbe a produrre un particolare microambiente in grado di proteggere le farfalle da condizioni ambientali estreme: il freddo sarebbe sufficiente a mantenere basso il loro metabolismo, ma non troppo da provocarne il congelamento. In primavera, l'aumento della temperatura fa scattare il risveglio delle monarche, inducendole a ripercorrere la stessa strada verso il luogo d'origine. Quando poi comincia la migrazione nell'autunno dell'anno successivo si sono già succedute diverse generazioni estive (a causa della breve vita di questo insetto), di conseguenza a mettersi in volo saranno i discendenti dei migratori dell'anno prima. Poi accade qualcosa per me di assolutamente straordinario, ovvero che queste nuove generazioni è come se conoscessero già la strada, ripercorrendo le stesse rotte seguite dai loro antenati, tornando, a volte, addirittura nel medesimo albero. 
Recentemente un gruppo di ricercatori dell'Università di Washington, in un articolo pubblicato sulla rivista Cell Reports, è riuscito a spiegare come questi piccoli ma tenaci animali riescano ad orientarsi e arrivare ogni anno dal Canada in California o in Messico. La spiegazione risiede negli occhi e nelle antenne. Gli occhi funzionano come un "sestante" (antico strumento usato dai marinai per tracciare le rotte in base alla disposizione dei corpi celesti rispetto all'orizzonte), in questo modo i neuroni della farfalla riescono a individuare la posizione del Sole rispetto all'orizzonte (riuscendo così a capire dove si trova il nord). Le antenne invece funzionano come un orologio naturale, anch'esso basato sul Sole. Bene, è proprio grazie a questi due strumenti che questi insetti hanno la capacità di orientarsi in relazione al tempo e alla posizione del Sole. 
Nel precedente post ho riportato l'esempio della sterna codalunga (Sterna paradisaea) e ora quello della farfalla monarca (Danao plexippus), ma avrei potuto raccontarvi della tartaruga marina (Caretta caretta) e di tante altre specie, in quanto sono numerose quelle che migrano. Sono tutte specie, a mio avviso, estremamente affascinanti e che non possono non suscitare profonda ammirazione per la tenacia e costanza che mettono ogni anno nei loro spostamenti. Si tratta di una vita davvero molto movimentata e attiva, che ha un unico grande scopo: la sopravvivenza.


Another migration that I have always considered extremely fascinating is that of the monarch butterfly (Danaus plexippus). It is a mass migration that brings each autumn millions of these extraordinary animals to make a journey of 4000 km to move from the regions of North America to California and Mexico. It's a journey that has a very specific purpose: to stay alive. They must get in flight every autumn before it gets cold, that can kill them if they linger too. These insects when they arrive at their destination, they gather in groups of tens of thousands of individuals and attach themselves to the branches and trunks of trees. 
According to a study by the University of Massachusetts, published in Current Biology, this dense grouping, with the coverage offered by the forest, it would be able to produce a particular microenvironment that it can protect butterflies from extreme environmental conditions: the cold would be enough to keep down their metabolism, but not too much to cause freezing. 
In spring, the temperature increase causes the awakening of monarchs, inducing them to retrace the same road to the place of origin. When the migration begins in the autumn of the following year, it has already occurred some summer generations (because of the short life of this insect), therefore to put in flight will be the descendants of migratory of the year before. Then happens something of extraordinary for me, that is these new generation is as if they already  knew the way, and retrace the same route followed by their ancestors, going back, sometimes, even in the same tree.
Recently a group of researchers at the University of Washington, in an article published in the journal "Cell Reports", was able to explain how these small and tenacious animals can orient themselves and arriving each year from Canada to California or Mexico. The explanation is situated in the eyes and antennae. The eyes functions like a "sextant" (ancient instrument used by sailors to trace the routes based on the arrangement of celestial bodies relative to the horizon), in this way the butterfly neurons are able to locate the position of the sun relative to the horizon (this allows him to locate the north). The antennas instead function as a natural clock, which is also based on the Sun.
Well, these are two tools that allow these insects to orient themselves in relation to time and the position of the sun.
In the previous post I reported the example of the arctic tern (Sterna paradisaea), and now the monarch butterfly (Danaus plexippus), but I could tell you about the sea turtle (Caretta caretta) and many other species, because are numerous those that migrate . All species are, in my opinion, extremely fascinating and generates deep admiration for the tenacity and constancy that put every year in their movements. It is a very busy and active life, which has one great purpose: survival.

martedì 16 agosto 2016

Una vita movimentata - An active life (part 1)



Molte specie animali trascorrono la propria vita sempre nella stessa area, ma ve ne sono altre che invece passano la loro intera esistenza a spostarsi in modo regolare e periodico. Queste ultime percorrono rotte ben precise e possono arrivare a coprire anche distanze molto grandi. Ma che cosa spinge questi instancabili e caparbi esseri viventi a compiere dei viaggi così lunghi? I motivi principalmente sono i seguenti: la necessità di trovare un luogo adatto per la riproduzione, difficoltà di carattere ambientale che si presentano periodicamente (es: freddo), risorse alimentari non disponibili in un'unica zona per tutto l'anno. 
La cosa che però mi affascina e colpisce di più è il fatto che questi animali in migrazione riescano a mantenere una forte concentrazione sul loro obiettivo durante tutto il tragitto, senza lasciarsi distrarre da tentazioni o farsi turbare da difficoltà. In questo senso ho trovato molto interessante l'esempio riportato dal biologo Hugh Dingle in un articolo della National Geographic, ovvero che se ad una sterna codalunga (Sterna paradisaea) durante la sua migrazione dalla Terra del Fuoco all'Alaska venisse offerta un'odorosa aringa da un birdwatcher della Baia di Monterey, essa la ignorerà. Questo perchè, spiega Dingle, per gli animali in migrazione nulla conta di più del "devo arrivare lì". La sterna resiste alle distrazioni perchè è guidata da una consapevolezza istintiva di qualcosa che in noi esseri umani genera profonda ammirazione: uno scopo più grande. La sterna sa che potrà mangiare e riposare più tardi. In quel momento l'unico oggetto della sua attenzione è il viaggio e raggiungere al più presto una linea di costa dell'Artico. Questo servirà al suo scopo più grande, come predisposto dall'evoluzione: trovare un luogo adatto e una serie di circostanze favorevoli in cui potrà covare e allevare la sua progenie. 
Le specie che migrano sono diverse, ma la sterna codalunga (Sterna paradisaea) è sicuramente quella che compie la migrazione più lunga, essa percorre infatti circa 70.000 km all'anno, in base a un recente studio fatto da un gruppo di ricercatori del Greenland Institute of Natural Resources, dell'Università di Aarhus, del British Antarctic Survey e dall'istituto islandese di scienze naturali. 




Many animal species spend their lives in the same area, but there are species that spend their entire life to move with regularity. These last species  go through precise route and they can cover very long distances. But what drives these tireless and stubborn living beings to make the trips so long? The main reasons are: the need to find a suitable place for reproduction, environmental problems which periodically occur (eg: cold), food resources not available in a single area for the whole year. The thing I find fascinating and strike me most is the fact that these animals during migration are able to maintain a strong focus on their target all the way, without be distracted by temptation  or be disturbed by difficulties.
In this sense I found very interesting the example given by a biologist Hugh Dingle in an article in National Geographic, that is, that if an artic tern (Sterna paradisaea) during its migration from Tierra del Fuego to Alaska was offered an odorous herring from a birdwatcher of Monterey Bay, it will be ignored. This is beacuse, explains Dingle, for animals during migration nothing matters more than "I have to get there".  
The tern resists distraction because it is driven by an instinctive awareness of something that generates in us humans a profound admiration: a greater purpose. The tern knows he can eat and rest later. In that moment the only object of his attention is the journey and reach as soon as possible an Arctic coastline. This will serve his greater purpose, as prepared by evolution: finding a suitable place and a series of favorable circumstances where he can hatch and raise his offspring. 
There are several species that migrate, but the Arctic tern (Sterna paradisaea) is certainly one that makes the longest migration, in fact it covers about 70,000 km per year, according to a recent study done by a group of researchers from the Greenland Institute of Natural Resources, University Aarhus, the British Antarctic Survey and the Icelandic Institute of Natural Sciences.

domenica 18 novembre 2012

Rete Natura 2000: 20 anni di Direttiva "Habitat"


Il 21 maggio del 1992 il Consiglio Europeo emana la direttiva 92/43/CE, altrimenti conosciuta come direttiva "Habitat", che rimane ad oggi il più grande sforzo ed impegno preso dall'Unione Europea nei confronti della biodiversità che caratterizza le 9 grandi regioni biogeografiche presenti nel territorio europeo: Atlantica, Continentale, Alpina, Mediterranea, Boreale, Macaronesia, Pannonica, Steppica e quella del Mar Nero.
Gli esperti hanno per questo motivo individuato delle liste di specie ed habitat che devono essere considerate dagli stati membri come maggiormente a rischio di estinzione e pertanto da tutelare.
Tali elenchi vengono riportati negli allegati stessi della direttiva "Habitat" e nell'allegato I della direttiva 2009/147/CE, denominata "Uccelli" proprio perchè individua le specie di avifauna selvatica per le quali sono necessarie speciali misure di conservazione.
Tra le specie da conservare in modo prioritario vengono segnalate, per esempio, il camoscio appenninico (Rupicapra rupicapra ornata) endemico dell'Appennino italiano centrale, il bisonte europeo (Bison bonasus), la tartaruga marina (Caretta caretta) e tante altre ancora. Tra gli habitat prioritari possiamo invece ricordare le Praterie di posidonie (Posidonion oceanicae) legate ad ambienti costieri, Lande secche costiere atlantiche a Erica vagans, le Torbiere alte attive, i Boschi pannonici di Quercus petraea e Carpinus betulus, ecc...
Gli habitat e le specie coinvolte sono davvero tantissime, pertanto la domanda che viene da porre spontanea è: ma come si può riuscire a conservare tutta questa biodiversità? Ebbene la risposta la troviamo sempre all'interno della direttiva "Habitat" (art.3), ovvero mediante la costituzione di una rete ecologica europea, costituita da zone speciali di conservazione, denominata Rete Natura 2000. Per dirla in altre parole più semplici: l'Unione Europea, in collaborazione con gli stati membri individua una serie zone (siti Natura 2000) che contengono specie indicate nell'allegato II della direttiva "Habitat" e nell'allegato I della direttiva "Uccelli", e/o habitat tra quelli segnalati nell'allegato I dell direttiva "Habitat". Tali siti possiamo considerarli degli hot spots (punti caldi) di biodiversità che per essere conservati necessitano di specifiche misure di conservazione che devono essere adottate da parte degli stati membri.
Ora a 20 anni dell'istituzione di Rete Natura 2000 il commissario europeo all'ambiente Janez Potočnik, fà il punto della situazione sulla rivista Natura 2000, mese di luglio, affermando come la nostra  rete di aree protette comprende attualmente oltre 26.000 siti e copre quasi un quinto del nostro territorio terrestre. Ma Natura 2000 è molto più di questo. Si tratta di persone, si tratta di mostrare come la conservazione e l’uso sostenibile possono andare di pari passo con i benefici per le persone, la loro società e la loro economia. Recenti studi hanno dimostrato che investire nella rete Natura 2000 ha anche vantaggi economici. Natura 2000 ci fornisce servizi ecosistemici vitali, stimati intorno ai 200-300 miliardi di euro all’anno, molto più alti del costo di gestione della rete. 
Io personalmente sono pienamente d'accordo con questo messaggio, ovvero ritengo che sia fondamentale l'integrazione tra la conservazione della natura e la società. E' questa la vera sfida che attende in futuro Natura 2000? Credo proprio di sì. Penso davvero che possa essere un laboratorio per sperimentare uno sviluppo sostenibile che vada in accordo con la conservazione della natura.
Per concludere volevo solo segnalare come Rete Natura 2000 può anche aiutare la società a contrastare i cambiamenti climatici, che rappresentano la vera sfida a livello globale del nuovo millennio, ovvero:
- Fornendo la naturale capacità di stoccaggio del carbonio (ad esempio con le torbiere).
- Aumentando la cattura del biossido di carbonio in ecosistemi  naturali attraverso il ripristino di habitat degradati (es. praterie, foreste).
- Riducendo i rischi e gli impatti di eventi meteorologici estremi, come inondazioni o siccità.
- Riducendo l’impatto dell’innalzamento del livello del mare, utilizzando la natura come un cuscinetto lungo la costa.
A 20 anni dalla direttiva "Habitat" si rinnovano le ambizioni e le sfide di Natura 2000...ora la domanda è: siamo pronti a raccoglierle?

sabato 31 marzo 2012

L'ora della Terra



Earth Hour 2012 "Dare the World to Save the Planet" è un evento planetario promosso dal WWF per combattere i cambiamenti climatici indotti dall'uomo. Il gesto proposto con quest'iniziativa è quello di spegnere le luci di monumenti e luoghi simbolo per un'ora dalle 20,30 di questa sera. La prima edizione si è svolta nel 2007 interessando la sola città di Sidney, ma l'idea è piaciuta e si è diffusa in tutto il mondo, come a voler dire "Ci tengo anche io al futuro del Pianeta", arrivando a coinvolgere oggi quasi 2 miliardi e mezzo di persone, 5200 città e 135 nazioni. Questo vuol dire che siamo in tanti, nonostante tutto, a credere che la lotta ai Global Change sia una sfida che si può vincere se c'è la volontà e la consapevolezza di affrontarla insieme.
Sento spesso dire "eventi come questo non cambiano di certo le sorti della Terra". E' vero un'ora di riduzione dei consumi non ti elimina certo l'effetto serra o il problema dell'acidificazione degli oceani, ma è un dire "Presente", "Io ci stò" e "Mi voglio impegnare anche io a fare la mia parte" non per un'ora in un anno, ma tutti i giorni, nella mia vita quotidiana, riducendo gli sprechi e i consumi perchè creare un futuro più sostenibile per il nostro Pianeta vuol dire poter dare una Terra migliore alle generazioni che verranno.

sabato 28 gennaio 2012

Scontro tra Titani




Nella mitologia greca i Titani erano creature giganti dotate di una grande forza, che riuscivano ad incutere timore ma allo stesso tempo rispetto nelle popolazioni dell'epoca. Una curiosità: i progenitori dei Titani erano Urano (Titano del cielo) e Gaia (Titanessa della Terra). Mi piace ricordare questo particolare in quanto oramai sempre più spesso sentiamo appunto chiamare il nostro pianeta col termine "Gaia", come a indicare un essere vivente che si muove e sprigiona energia. Voi ora quindi vi chiederete: ma perchè andare a scomodare delle figure mitologiche in un blog scientifico-naturalistico?? Perchè mi sembra che esse possano rappresentare ciò che è la Terra, in termini di vitalità ed energia, e quello che incute in noi esseri viventi che l'abitiamo. Noi oggi sappiamo che litosfera terrestre è costituita da diverse placche, le quali possono essere formate da sola litosfera oceanica (come quella del Pacifico), da sola litosfera continentale (come quella Euroasiatica), o da porzioni di litosfera dei due tipi (come quella Africana). Gli scontri lungo i margini di placca sono veramente "titanici" e possono dar luogo a diversi fenomeni a seconda che si tratti di margini costruttivi (costruzione di nuova litosfera) , distruttivi (distruzione di litosfera) o conservativi (senza variazioni nel volume della litosfera). Non mi posso dilungare oltre a riguardo, ma volevo ricordare con voi il processo di distruzione di litosfera rappresentato dal processo di subduzione. Con tale movimento abbiamo una placca con litosfera più densa che (passatemi il termine) "scorre" sotto un'altra avente una densità minore, scendendo così verso il mantello. Questa discesa però non è affatto dolce!Anzi è ricca di attriti e contrasti che si manifestano come terremoti, seguendo una distribuzione rappresentata dal piano di Benioff. I terremoti che in questi giorni si sono registrati nel nord Italia hanno origine proprio da questo processo di subduzione, dove in questo caso la placca Adriatica "spinge" quella Euroasiatica scorrendo sotto di essa e generando così i fenomeni sismici avvertiti in questi giorni. I terremoti di subduzione possono essere estremamente violenti, come avvenne in Cascadia (costa ovest degli U.S.A. al confine col Canada) nel 1700 che generò quella che oggi viene definita "foresta fantasma" di cedri morti, situata vicino al litorale e con le piante che affondano le radici in acqua salata. Questi alberi per la loro ecologia non potevano vivere in quel luogo. Doveva essere successo qualcosa..ma cosa?In pratica si verificò un terremoto (o terremoti) così intenso che provocò un'improvvisa subsidenza (i cedri si trovavano quindi su un terreno rialzato rispetto al mare) ed uno tsunami che inondò (anche con sabbia) la foresta, determinando così la morte dei cedri e generando la palude salmastra che tuttora occupa l'area. La Terra anche se a volte non ce ne rendiamo conto è in continuo movimento, è dinamica e libera energia..ed ogni tanto ce lo ricorda con questi scontri tra Titani.

domenica 4 dicembre 2011

Global change: Il nostro stile di vita è negoziabile?




Il riscaldamento globale non si stà attenuando ed i cambiamenti climatici sono all'ordine del giorno..è questo che secondo me sembra suggerirci la Climate Change Conference 2011 che si stà svolgendo a Durban in Sudafrica. Che la situazione sia critica, nonostante l'indifferenza a riguardo da parte della maggior parte dei mass media, ci viene ricordato anche dal recente quarto rapporto sui cambiamenti climatici dell'IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change ),  il quale mette in luce non solo che il riscaldamento del sistema climatico è inequivocabile, ma riporta anche alcuni di questi cambiamenti, di cui ci tengo a riportarne alcuni. Allarmante è a mio avviso la situazione della zona Artica, dove le temperature alla superficie dello strato del permafrost sono generalmente aumentate a partire dagli anni '80 (fino a 3°C). Dal 1900, la massima area coperta stagionalmente da terreno ghiacciato è diminuita di circa il 7% nell'emisfero Nord, con una diminuzione durante la primavera fino al 15%. La diminuzione della salinità negli oceani alle medie e alte latitudini, insieme all'aumento della salinità degli oceani alle basse latitudini suggeriscono un cambiamento delle precipitazioni e dell'evaporazione sopra gli oceani. Sono state osservate siccità più lunghe e più intense in aree sempre più estese a partire dagli anni '70, in particolare nelle zone tropicali e subtropicali (e mi vengono in mente le ultime due stagioni delle pioggie nel Corno d'Africa, le quali sono state così scarse da determinare crisi idrica e carestia). Ci sono osservazioni che mostrano un aumento dell'attività dei cicloni tropicali intensi nel Nord Atlantico a partire dal 1970 (e penso ad esempio all'uragano Irene che verso la fine di agosto, anche se declassato a tempesta tropicale, è arrivato a interessare New York ); l'aumento di tali fenomeni è legato al (a mio avviso) preoccupante incremento delle temperature superficiali marine tropicali. I rischi concreti sono numerosi e ne riporto brevemente alcuni come l'innalzamento del livello dei mari (il quale è cresciuto di 20 cm solo nel secolo scorso), la scomparsa fino al 30% di specie vegetali ed animali che potrebbero estinguersi se l'aumento della temperatura globale supera 1,5-2,5 °C, il ghiaccio marino artico potrebbe scomparire del tutto durante l'estate dalla seconda metà di questo secolo, potremmo avere più ondate di calore, siccità e precipatazioni estreme e cicloni tropicali più intensi, ecc..
Le cause di tutto ciò le conosciamo, anzi, sono note ormai da tempo e credo che anche a scuola molti ragazzi  ormai le sappiano a memoria: i gas serra, ovvero CO2, Metano, protossido di azoto e altri. Ridurre la concentrazione nell'atmosfera di questi gas richiede sicuramente un impegno serio e coerente da parte di chi governa, ma credo impegni più direttamente ciascuno di noi, andando ad incidere sul nostro stile di vita...Ma chi di noi è disposto a cambiare il proprio stile di vita? Credo la verità e la soluzione in fin dei conti sia racchiusa in questa semplice domanda. A tal riguardo alcuni anni fà l'ex presidente degli U.S.A. Bush disse chiaramente che "il nostro stile di vita non è negoziabile", non prendendo così di fatto impegni concreti per la riduzione dei gas serra. Io sono invece convinto che parta tutto da noi e da un educazione/comunicazione che vada verso uno stile di vita più eco-compatibile (dalla scelta dei prodotti che acquistiamo a come ci spostiamo per esempio). Quello che ho scritto nel post sono le mie personali opinioni, però vorrei chiedere a voi lettori del blog di contribuire e partecipare con la vostra idea sui cambiamenti climatici attraverso il sondaggio che ho inserito nella barra a destra o rilasciando un commento nel post.

lunedì 24 ottobre 2011

..ma i Parchi sono importanti?



"There is something in the wild scenery of this valley which I cannot describe: but the impressions made upon my mind while gazing from a high eminence on the surrounding landscape one evening as the sun was gently gliding behind the western mountain and casting its gigantic shadows across the vale were such as time can never efface.  For my own part I almost wished I could spend the remainder of my days in a place like this where happiness and contentment seemed to reign in wild romantic splendor" - Lamar Valley, Osborne Russell 1835

Questa frase di Osborne Russell, volutamente riportata nel testo originale, riflette il suo stato d'animo di stupore, meraviglia ed allo stesso tempo di felicità, nel trovarsi immerso in un paesaggio così selvaggio, ma anche incredibilmente affascinante come Lamar Valley. Tale posto oggi è conservato all'interno di quello che è il più antico parco nazionale del mondo: il Yellowstone National Park. Esso è stato istituito nel 1872 e presenta una grande varietà faunistica, tra cui possiamo ricordare il famoso Orso Grizzly (Ursus arctos horribilis), il Bisonte (Bison bison) o tra gli uccelli la Grus americana; importante è poi anche la presenza di geyser ed altre caratteristiche geologiche. In Italia possiamo ricordare invece il parco nazionale del Gran Paradiso (il più antico del nostro paese) caratterizzato da un'ambiente prevalentemente alpino con boschi di fondovalle caratterizzato da abeti rossi (Picea abies), larici (Larix), pini cembri (Pinus cembra) e più raramente abeti bianchi (Abies alba), e popolato da una fauna tipica di questi ambienti. Si potrebbe continuare ad elencare tante altre aree protette, ma già così mi sembra risulti chiaro quello che è un po' il loro ruolo principale: la conservazione della natura. Io credo onestamente che in un parco ci sia di più, e lo spunto me lo offre sia la citazione di Russell, sia la recente conferenza EUROPARC 2011 dal titolo "Conta la qualità - Benefici per la Natura e le Persone"..E vorrei sottolineare Benefici per la Natura e le Persone, sì perchè questa che dovrebbe essere un'ovvietà, già i nostri antenati avevano infatti capito l'importanza del legame tra le persone e la qualità dell'ambiente, oggi è invece divenuto un concetto poco conosciuto e da molti purtroppo ritenuto trascurabile. Inoltre, una recente iniziativa svolta in Australia dal nome "Healthy Parks Healthy People" mette in luce i molteplici benefici che un'area protetta è in grado di fornire all'uomo e alla sua salute. Ricordo per esempio come l'esposizione ad ambienti naturali, come appunto quelli di un parco, aumenti la capacità di affrontare e recuperare dallo stress, e riprendersi da malattie ed infortuni. Terapie basate sul "deserto" o sul contatto con gli animali hanno portato alla guarigione pazienti che non avevano risposto a trattamenti precedenti..ecc..Per rispondere quindi alla domanda con cui ho intitolato il post, dico sì. Perchè i parchi riescono non solo a tutelare il nostro preziosissimo patrimonio naturale, ma possono infondere anche nel visitatore quella senzazione di "wilderness" ed allo stesso tempo di felicità come in Osborne Russell, e riescono a creare, se messi nelle giuste condizioni, quei benefici per l'uomo anche a livello di salute e benessere come riportato prima nel caso australiano. Serve allora sicuramente il sostegno delle istituzioni, ma prima di tutto della gente e di quella convinzione che le aree protette in Italia, come in tutto il mondo possano contribuire in modo determinante alla salute del nostro pianeta e quindi di noi stessi.