domenica 3 luglio 2011

Una lotta globale: le specie invasive



Nel post precedente ho cercato di sottolineare con l'introduzione del periodo geologico dell'Antropocene come di fatto la presenza e le attività dell'uomo abbiano inciso in modo significativo sul Sistema Terra. Questi interventi dell'uomo, che sono  dettati da un certo stile di vita che si vuole mantenere (e penso sopratutto ai paesi maggiormente "industrializzati"), hanno come effetto la riduzione ed il degrado di ecosistemi ed habitat, l'inquinamento dell'aria e delle acque, dissesti idro-geologici,ecc.. Ecco io oggi volevo affrontare in questo senso una problematica di cui poco si sente parlare, ma estremamente diffusa a livello planetario e riportato di recente anche in un report della IUCN. Si tratta delle specie invasive, cioè di quelle specie che sono state introdotte dall'uomo accidentalmente o di proposito in aree in cui non si trovano naturalmente, ed in queste zone hanno prosperato nella misura in cui si sono adattate al nuovo ambiente. Tale problematica è insieme alla distruzione degli habitat una delle principali cause di estinzione delle specie e quindi di perdita di biodiversità. C'è però da dire che non tutte le specie "non native" sono anche invasive, infatti molte non saranno in grado di adattarsi al nuovo ambiente e saranno quindi destinate a morire; altre magari non cacciano le specie autoctone  o riescono ad essere co-esistenti con esse senza concorrenza. In questo modo un ecosistema riesce a sostenere questo cambiamento senza perdere le sue componenti chiave. La differenza sostanziale quindi tra specie "non nativa" e specie invasiva risiede quindi nel fatto che queste ultime hanno la "capacità" di entrare in competizione con le specie autoctone, determinando un grosso impatto sulla biodiversità di quell'area. Vediamone insieme alcune. Il coniglio europeo (Oryctolagus cuniculus) stà scatenando il caos su terreni agricoli in Australia per giacinti d'acqua (Eichhomia crassipes). Il gambero di fiume della Louisiana (Procamabarus clarkii), il quale introdotto ormai da anni in Italia per allevamento è riuscito a liberarsi (o rilasciato...) e diffondersi così nei laghi e fiumi d'Italia, Francia, Spagna e Germania; esso stà mettendo a forte rischio la sopravvivenza del gambero di fiume autoctono (Austropotamobius pallipes). La mangusta indiana (Herpestes javanicus), introdotta in molte isole come Mauritius, Fiji e Hawaii, dal suo nativo sud est asiatico con lo scopo di aiutare a controllare le popolazioni di ratti di queste zone, ha determinato la scomparsa di molte specie locali di uccelli, rettili ed anfibi che non erano abituati a predatori così veloci. Il pesce persico del Nilo (Lates niloticus) invece è stato introdotto nel lago Vittoria in Africa nel 1954 per cercare di contrastare il drastico calo degli stock ittici causato dalla pesca eccessiva; ma l'introduzione di questa specie contribuì in modo determinante all'estinzione di circa 200 specie di pesci predati o entrati in competizioni con il nuovo arrivato. Tutti questi esempi hanno un denominatore comune: l'uomo. Credo quindi si debba avere senso di responsabilità e cercare di porre rimedio a certe problematiche, come è stato fatto per esempio ad Ascension Island. Essa è un'isola nell'Atlantico Meridionale, la quale era sede di grandi colonie di uccelli marini, poi agli inizi del 1800 sono stati introdotti dei gatti selvatici che hanno di fatto decimato i siti di nidificazione, determinando così un rapido declino del numero di uccelli sull'isola, dei quali rimasero solo delle piccole popolazioni relitte su delle scogliere inaccessibili. Nel 2001 fu programmato un piano di eradicazione del gatto selvatico sull'isola ed entro il Marzo del 2004 l'ultimo individuo di questa specie è stato rimosso. Cosa è successo dopo?Bene uccelli come la Sula dactylatra e il Fetonte leptorus hanno cominciato a ricolonizzare la terraferma. Piani di questo tipo ritengo siano molto importanti per eliminare le specie alloctone invasive prima che esse possano causare dei danni irreversibili alla biodiversità ed agli equilibri naturali con cui entrano in contatto. Deve essere però altrettanto chiaro che l'eradicazione è solo l'ultima possibilità, e riprendendo il senso di responsabilità e di rispetto che dobbiamo avere verso l'ambiente che ci circonda ci tengo a sottolineare come sia importante prevenire il problema e quindi evitare introduzioni di specie che possono determinare degli effetti negativi sulle specie autoctone e sugli equilibri naturali con cui entrano in contatto.

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