domenica 28 novembre 2010

Il Letargo



Tra poco sarà il 1° Dicembre e con tale data avrà ufficialmente inizio l'inverno metereologico. Nel post precedente ho riportato come molti animali durante il periodo freddo debbano compiere migrazioni verso luoghi con condizioni ambientali più ospitali per poter sopravvivere durante questo periodo. Altri animali, e penso allora a numerosi mammiferi come l'Orso (Ursus arctos), il procione (Procyon lotor) e tanti altri, hanno assunto come strategia di vita e adattamento al superamento di questi mesi difficili il letargo o ibernazione. Questo periodo di torpore può essere più o meno profondo e la sua durata varia in relazione alla temperatura esterna, più lungo è l'inverno e più duratura sarà l'ibernazione dell'animale. I mutamenti fisiologici a cui vanno incontro queste specie sono diversi: la pressione del sangue cala notevolmente, la frequenza delle pulsazioni si riduce fino a pochi battiti  al minuto, la respirazione diventa irregolare e molto lenta e la temperatura corporea si abbassa fino quasi al congelamento. L'animale digiuna durante la stagione fredda e sopravvive metabolizzando le riserve di lipidi immagazzinati durante il periodo autunnale. E' proprio il rallentamento delle funzioni vitali citate sopra che consente questo digiuno prolungato all'animale senza che questo vada incontro alla morte. Molti però si possono chiedere: ma come può un animale che si sveglia dal letargo essere subito attivo? Bene, diversi mammiferi che vivono appunto in climi freddi e cadono in letargo, oltre al normale tessuto adiposo, sono dotati di uno specifico tessuto adiposo situato nel collo e tra le spalle, il grasso bruno, il quale è in grado di produrre una massiccia quantità di calore. Questo tessuto termogenetico è riccamente vascolarizzato ed è innervato dal sistema nervoso ortosimpatico, mentre il colore bruno è dovuto all'alto numero di mitocondri di cui sono dotate le sue cellule. Ora la capacità di sviluppare calore da parte di questo tessuto è legata a una proteina (la termogenina), la quale è situata sulle membrane interne dei mitocondri e che viene attivata dalla noradrenalina. Le strutture vascolari molto sviluppate di cui il tessuto adiposo bruno è provvisto consentono così la distribuzione del calore in tutto l'organismo favorendo il rapido riscaldamento dell'animale, il quale può recuperare le sue capacità difensive e offensive.
Una curiosità: il grasso bruno lo troviamo anche nell'uomo nei primi stadi di vita (fasi subito dopo la nascita), quando effettivamente i centri ipotalamici sono ancora poco sviluppati e il neonato non è ancora in grado di reagire per via riflessa agli stress termici del freddo.

venerdì 26 novembre 2010

Migrazioni


Cinquecentomila gru canadesi si fermano sul Fiume Platte, in Nebraska, per ingrassare. Una sosta nella trasvolata primaverile dal Messico e dal sud degli USA verso i siti di riproduzione all’estremo nord.

La migrazione degli animali è un fenomeno di gran lunga più imponente e strutturato del semplice spostamento. È un viaggio collettivo che ripaga a lungo termine. Indica premeditazione e caparbietà epica, codificate come istinto ereditato. Il biologo Hugh Dingle ha identificato cinque caratteristiche presenti, in varia misura e combinazione, in tutte le migrazioni. Si tratta di lunghi spostamenti periodici, che portano gli animali fuori dai loro habitat. Sono spesso lineari, non a zigzag, affinché lo spostamento sia più rapido e sicuro; la preparazione e l’arrivo implicano determinati comportamenti (come ad esempio l’iperalimentazione) e richiedono particolari stanziamenti di energia. Inoltre, gli animali in migrazione mantengono una spasmodica concentrazione sul loro obiettivo, senza lasciarsi distrarre da tentazioni o farsi turbare da difficoltà. Dingle cita le cinque caratteristiche (perseveranza, linearità, indistraibilità, particolari comportamenti in partenza e all’arrivo, provviste di energia) che distinguono la migrazione da altre forme di spostamento. Per esempio, gli afidi diventano sensibili alla luce blu (proveniente dal cielo) quando è il momento di decollare per il loro viaggio e sensibili alla luce gialla (riflessa dalle foglie giovani) quando è ora di posarsi. Prima di affrontare  un lungo volo migratorio gli uccelli si nutrono abbondantemente per accumulare grassi di riserva. Il valore della sua definizione, sostiene Dingle, sta nel puntare su quello che la migrazione degli gnu e delle gru canadesi ha in comune con quella degli afidi, aiutando gli studiosi a comprendere i meccanismi e il funzionamento della selezione naturale. (da http://www.nationalgeographic.it)

Ho riportato come esempio di migrazioni quello delle gru canadesi ma le specie che compiono questi fantastici viaggi non appartengono solo all'avifauna, esistono anche specie di lepidotteri (come la monarca) o mammiferi come l'antilocapra e anche specie di rettili come il crotalo verde e tanti altri ancora. Quella che però mi affascina di più delle caratteristiche migratorie citate da Dingle è la perseveranza, e quindi il fatto che ogni anno queste specie compiano determinate rotte frutto di migliaia di anni di evoluzione per raggiungere risorse alimentari e particolari condizioni ambientali. Per questo ritengo importante che queste rotte, tragitti migratori che fanno parte del ciclo biologico di queste specie vengano tutelate, cercando di ridurre il più possibile la pressione antropica in queste zone.